Prima della riva_Copertina

Prima della riva

Genere: Giallo
Lunghezza: 342.551 caratteri (tempo di lettura stimato: 4h 15′)
Stato: Inedito
Deposito legale: Patamu Registry

Per contatti, compilare il form.

Nel mare al largo di Fano, Sauro Innocenti si imbatte in un uomo senza nome ucciso da due coltellate che galleggia a pochi metri da un tronco alla deriva. Dalla tranquilla sede di un commissariato di provincia si intravede il taglio illegale delle foreste africane. Il legame fra questa attività e il cadavere ritrovato in mare, però, al pubblico ministero Serfilippi sembra troppo labile per concentrare le indagini in quella direzione. Sauro Innocenti e il commissario Sciacchitano proveranno a convincerlo.

Stava per tuffarsi ma ci ripensò. Non era quella la cosa giusta da fare. In polizia non lavorava ormai da un paio d’anni ma le istruzioni minime le ricordava sempre: mai agire da soli se non è assolutamente necessario; mai toccare il cadavere prima dei rilievi o di una specifica autorizzazione a farlo; prima di tutto mettersi in contatto, dare la posizione e attendere istruzioni. Per quel che ne sapeva, valevano anche in mare. Gli risposero subito. Sauro spiegò il motivo della telefonata, disse come si chiamava e fornì le coordinate per raggiungerlo. Non ritenne di dover specificare che era stato in polizia anche lui. L’agente di turno annotò con diligenza, raccomandò di non toccare nulla e di limitarsi soltanto ad aspettare, sarebbero arrivati quanto prima.
L’uomo era in posizione prona, la testa immersa in acqua quasi per intero. Il giubbotto salvagente era slacciato, galleggiando formava una macchia arancione che un po’ copriva il corpo. Dal passante del giubbotto sporgeva il braccio sinistro, avvinghiato alla pettorina in un gesto apparentemente senza senso o che, forse, aveva quello grande e disperato di aggrapparsi alla vita rimasta.
Anche se era calmo, il mare agiva sul corpo galleggiante in modo differente rispetto ad altri luoghi nei quali a Sauro era accaduto di vedere dei cadaveri: strade in centro città, viottoli sterrati, negozi in cui si era asserragliato un rapinatore, sotterranei con troppe diramazioni, perfino una buca coperta di foglie e terra stese su un telaio di rami imbastito alla meglio. Si era sempre trattato di luoghi più o meno intonati al dramma di una morte violenta ma tutti, per così dire, erano più fermi di quell’acqua che massaggiava il corpo inerte. Nel pensare a questo, Sauro si rimise a guardare con attenzione. Il sole alto gli complicava il compito, con la luce che sembrava rimbalzare sulla superficie liquida, ma concentrò la vista per raccogliere e catalogare mentalmente quanti più dettagli potesse.
Tornò a guardarsi attorno. A parte quell’uomo, tutto era come sempre: la costa protetta da scogliere artificiali, la fila ininterrotta delle costruzioni, in lontananza la raffineria e poi il porto di Ancona, prima del monte Cònero. A poca distanza dalla costa, davanti a Falconara Marittima, il profilo del mare era spezzato dalla sagoma bassa e nera della piattaforma con il doppio attracco per le petroliere. Sauro aveva appreso che la piattaforma era chiamata “isola” ma a lui piuttosto ricordava un ragno, con quella base larga sostenuta dalle colonne conficcate in mare.
Mentre si grattava un avambraccio ripensò a com’era andata la giornata. Quella mattina era stato fra i primi a uscire in barca. Non era sempre così. Il giorno avanti era stato fra gli ultimi e altri giorni non era uscito affatto. Da quando aveva lasciato il servizio non era più una cautela necessaria, ma l’abitudine di non essere abitudinario gli era rimasta appiccicata addosso. Si era diretto al largo senza meta, senza sapere dell’appuntamento che gli aveva fissato il destino. Il tempo aveva mantenuto le promesse, il sole era già abbastanza alto. Il mare era calmo fin dall’alba, il vento appena un alito che non era bastato a fargli spegnere il motore e poi issare la vela. Le nuvole, poche, sembravano allineate a ridosso della costa. Di là c’era la Croazia. Con la sua barca sarebbe stata quasi un’avventura, ma chissà.
Ma quanto ci mettevano a arrivare? Il tempo di pensarlo e subito sorrise scoprendosi impaziente. Saper aspettare è un talento prezioso, gli aveva detto un giorno un collega più anziano. Una grande verità, si era ripetuto tante volte negli anni di servizio. Possibile che cominciasse già a dimenticarla? Intanto l’uomo galleggiava, sostenuto dal giubbotto salvagente. Il gioco invisibile delle correnti superficiali faceva sì che il cadavere, ogni tanto, muovesse un braccio o un piede, con calma, come un bagnante in una qualche domenica d’agosto. Sauro si chiese dove sarebbe finito quel corpo se non avesse incrociato la sua rotta. Al largo? Sulla costa? La riva era lontana, il mare tanto grande … Vai a sapere.
Anche Livorna dondolava pigramente. Quando l’aveva comprata, la barca era in secca e si chiamava Mary II ma Sauro aveva deciso subito di cambiarle nome. Il primo pensiero fu Livorno, la città dov’era nato, poi si era accorto che gli sarebbe piaciuto conservare a Mary II un’anima femminile e così s’era deciso per Livorna. L’impiegato del registro delle imbarcazioni, accalorandosi in modo poco professionale, aveva cercato di dissuaderlo: il nome della barca non si cambia mai, farlo porta sfortuna, è contrario alle leggi non scritte della marineria. Quell’ultimo accenno alle leggi non scritte fu l’argomento decisivo ma nel senso opposto a quello che sperava l’impiegato. Sauro, dopo la laurea in Giurisprudenza, aveva passato quasi trent’anni a far rispettare quelle scritte, quelle che sono lì davanti a tutti senza sotterfugi, allusioni o non detti. Certo, non era così ingenuo da ignorare che non tutte le leggi sono chiare o perfettamente coerenti fra loro. Però, e in modo convinto, aveva sempre sostenuto che di una regola scritta è trasparente anche la sua imperfezione e che ciò che è imperfetto si può perfezionare. Quello che resta sottotraccia, invece, crea solo problemi.
Di tutti quei pensieri, e del sospiro interiore che li accompagnò, l’impiegato del registro non ebbe alcun sentore. Né, del resto, non poteva immaginare perché Sauro avesse già deciso che lui e la barca sarebbero andati a Fano per cominciare lì un’altra vita. Ribattezzare la barca sarebbe stato il primo segno evidente della separazione fra un prima e un dopo. E così, fra i mugugni dell’impiegato, fu Livorna.
Sauro si grattò anche l’altro braccio. Gli capitava sempre più spesso. Aveva provato un paio di pomate prese al banco della farmacia ma senza risultato. Prima o poi, se non da un dermatologo, doveva decidersi a andare almeno dal suo medico. Prendere un appuntamento, la sola idea lo fece sbuffare. Quella mattina, previsto il tempo buono, aveva pensato che forse sarebbe rimasto fuori tutto il giorno. Era soprattutto quel “forse” che lo aveva messo di buon umore. Era libero di fare e disfare i suoi programmi, adesso, e questo gli piaceva.